A scuola di libertà – Carcere e scuole: Educazione alla legalità

Un progetto di educazione alla legalità che mette a confronto le scuole e il mondo della Giustizia, delle pene e del carcere

A cura di Ristretti Orizzonti e della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia

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Intere generazioni conoscono ormai il progetto “A scuola di libertà – Carcere e scuole: educazione alla legalità”, promosso più di vent’anni fa da Ristretti Orizzonti in collaborazione con il Comune di Padova e la Casa di reclusione, eche oggi viene proposto, attraverso la Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, in molte scuole d’Italia. E ci sono sempre più scuole nelle quali tutte le penultime classi partecipano, così come ci sono insegnanti che ci chiedono di partecipare con le loro classi al progetto semplicemente perché anni fa erano studenti e hanno fatto questa esperienza, che per loro è stata davvero importante.

Il progetto lo facciamo allora raccontare a una studentessa:

Sara, studentessa, racconta un incontro con le persone detenute della redazione di Ristretti: Dentro di me vigeva il silenzio, non volevo dire nulla e nemmeno pensare a qualcosa da dire. Mi veniva spontaneo solo l’ascolto ed ero lieta di ciò. Infatti prima di fare il mio ingresso in carcere mi ero ripromessa di portare con me unicamente la mia umiltà e il mio rispetto nei confronti di gente che avrebbe parlato per me, di gente che desiderava solo il mio ascolto. L’ascolto di una sconosciuta che avrebbe potuto giudicarli e condannarli come era già stato fatto da altri, ma quegli uomini avevano comunque accettato di ammettere il fallimento della propria vita davanti a chi invece la vita l’ha tutta davanti a sé. Quegli uomini si sono messi a nudo raccontando i propri errori a dei giovani per cui forse sarebbero voluti essere degli esempi da seguire, non da evitare di imitare; tuttavia, allo stesso tempo mi sento di dire che dei maestri in un certo senso lo sono, in quanto si impegnano a riferire gli sbagli che li hanno portati sulla cattiva strada, nella speranza che i ragazzi che vengono ad ascoltarli possano riconoscere i segnali che conducono a quella stessa strada. “La strada del male”. E che siano in grado quindi di non intraprendere quel cammino per non rovinarsi il viaggio della vita.

Progetto “A scuola di libertà – Carcere e scuole: Educazione alla legalità”

Si tratta di un progetto di educazione alla legalità, curato dalla redazione di Ristretti Orizzonti e dalla Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, che mette a confronto le scuole e il mondo della Giustizia, delle pene e del carcere

Videoconferenze organizzative con gli insegnanti

Per organizzare gli incontri nell’ambito del progetto, sarà necessario prevedere alcune videoconferenze con gli insegnanti interessati, per definire i temi, le testimonianze proposte, le letture che suggeriamo per preparare gli incontri.

Incontro in videoconferenza (e dove possibile anche in presenza) con persone detenute in permesso, o in affidamento, o che hanno finito di scontare la pena e famigliari di detenuti

Le persone, affiancate da volontari, porteranno la loro testimonianza non solo sulla vita in carcere, ma anche e soprattutto sulle scelte sbagliate che le hanno portate a commettere reati e poi sul percorso di reinserimento nella società.

Incontri in videoconferenza dal carcere, con la redazione di persone detenute e volontari della rivista Ristretti Orizzonti (per le scuole di Padova e provincia sono possibili gli incontri in carcere in presenza, a gruppi di tre classi alla volta).

La prima parte degli incontri si svolgerà con le persone detenute, che porteranno le loro testimonianze, e i volontari della redazione, nella seconda parte sono invitati a intervenire anche operatori del carcere.

Possibili incontri in videoconferenza, in cui il confronto si allarga a vittime di reato, a persone che hanno s finito di contare la pena, e a famigliari di detenuti.

Il tema è quindi il senso che dovrebbe avere la pena in una idea di giustizia “riparativa” che coinvolga le vittime nei percorsi di assunzione di responsabilità degli autori di reato. E il tema della responsabilità è al centro del progetto: responsabilità degli autori di reato, responsabilità degli studenti rispetto alle scelte di vita, responsabilità delle Istituzioni.

Incontro con magistrati di Sorveglianza

È possibile organizzare anche un incontro in videoconferenza con un magistrato di Sorveglianza, dedicato al tema della esecuzione penale, con particolare attenzione ai percorsi di reinserimento delle persone detenute e alle misure di comunità.

Incontri di formazione (sempre in videoconferenza) su temi di educazione alla legalità significativi, in particolare sulla Giustizia minorile

Alcuni dei temi che proponiamo sono le nuove dipendenze giovanili, i reati del Codice della strada,la mediazione dei conflitti e la Giustizia riparativa (si possono proporre anche dei percorsi che possono rientrare nelle 33 ore di Educazione civica, per esempio un percorso sulle dipendenze e uno sulla violenza).

Scrittura e testimonianze

Stimolare gli studenti a scrivere le loro riflessioni sul progetto è un aspetto importante del nostro lavoro, perché li aiuta a non restare in superficie, ad approfondire i temi affrontati, anche a scardinare tanti luoghi comuni legati al mondo del carcere (concetti come “che stiano a marcire in galera”).

Concorso di scrittura

I testi che raccoglieremo parteciperanno a un Concorso di scrittura, a scegliere i testi migliori sarà uno scrittore.

I materiali raccolti in questa esperienza, molto complessa, ma anche piena di stimoli alla riflessione sul senso della pena, costituiranno la parte più significativa della pubblicazione “A scuola di libertà” che faremo a conclusione del progetto.

Giornata conclusiva

La Giornata conclusiva del progetto sarà una videoconferenza, in cui interverrà uno scrittore terrà una lezione sulla scrittura e dialogherà sul valore delle parole (nel 2023 ospiti della Giornata conclusiva sono stati lo scrittore Eraldo Affinati, l’autore del podcast “Io ero il milanese” Mauro Pescio e il rapper e insegnante di rap nelle carceri minorili Francesco Kento).

La Giornata si concluderà con la premiazione dei testi più interessanti scritti dagli studenti. Parteciperanno anche le persone che collaborano a questo progetto (vittime, famigliari, detenuti, persone che hanno finito di scontare la pena, volontari, mediatori, operatori della Giustizia.

Chiedimi come sto: le persone detenute interrogano i ragazzi

I ragazzi sono i protagonisti di questo progetto, ma è importante che vorremmo che le persone detenute, alla fine di ogni incontro possano “interrogarli” e arsi spiegare come sono, cosa pensano, come vivono, che paure hanno i giovanissimi, farsi aiutare a capire meglio i loro figli e i loro nipoti. Perché chi sta in carcere da anni, poco sa del mondo fuori e poche occasioni ha di trovare delle risposte alle domande che ingombrano la sua testa.

Per affrontare questo nuovo impegno di dialogo con i ragazzi, la formazione che proponiamo a insegnanti, volontari, operatori della Giustizia e in particolare della Giustizia minorile sarà dedicata in gran parte ai giovani.

Seminari di formazione in videoconferenza (dalle 17 alle 18.30, le date dei primi seminari saranno comunicate prossimamente) per insegnanti, volontari, operatori della giustizia.

I primi incontri di formazione saranno con:

Marcello Bortolato, magistrato, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze, autore con il giornalista Edoardo del testo “Vendetta pubblica” introdurrà la nuova legge sulla Giustizia Riparativa.

“Dico subito che l’idea di una giustizia della riparazione, nella sua contrapposizione sostanziale alla tradizionale giustizia punitiva ha un che di indubitabilmente rivoluzionario, in quanto modello di giustizia fondato essenzialmente sull’ascolto e sul riconoscimento dell’altro”.

Benedetta Tobagi parla del libro “La resistenza delle donne”, con cui ha vinto quest’anno il premio Campiello.

Dal discorso fatto da Benedetta in accettazione del premio: “Sono stata travolta da questo libro come un fiume. Ho la sensazione che queste donne mi abbiano portato a spalla fino qui, su questo palco. Vorrei dedicare questo premio prima di tutto alla memoria di queste donne straordinarie che hanno combattuto e non si sono girate dall’altra parte in un momento terribile” (…) “lo dedico a tutte le altre persone che resistono in Italia, nel mondo, nei contesti di lavoro e che cercano di far sentire la propria voce per se stesse e le altre donne.”

Giuseppe Spadaro, presidente del Tribunale dei minori di Trento, da sempre in prima fila per la tutela dei minori. “Ho conosciuto diverse realtà, passando dalla Calabria all’Emilia Romagna e ora nel Trentino: ogni territorio ha una sua particolare storia. Ma ciò che ho potuto notare è una fascia ampia di crimini minorili che nasce da contesti di grave, gravissima deprivazione socioeconomica e familiare, nei quali l’aggancio con la scuola si è perso da tempo. Parliamo di ragazzi che si sentono respinti dalla società “perbene” e che sfidano, attraggono l’attenzione, cercano affermazione per vie non lecite o vogliono prendersi beni o posizioni sociali cui non avrebbero accesso in altro modo”.

Cosima Buccoliero è direttrice dell’Istituto penale minorile Cesare Beccaria. È autrice del libro Senza sbarre, frutto di una profonda conoscenza della realtà delle carceri: “Io ho sempre girato per il carcere, non sono una che se ne sta chiusa nel suo ufficio, mi muovo, vado, cammino per le sezioni e mi fermo a parlare. Non sono una direttrice “irraggiungibile”. Ciò ha permesso, a me, di avere una percezione quanto più possibile chiara delle dinamiche che nascono, si alimentano e si esauriscono. Oppure non si esauriscono affatto e diventano dolori, disagi, pericoli”.

Mauro Grimoldi, psicologo, esperto di criminologia minorile e disturbi del comportamento in adolescenza. Coordinatore dell’Istituto Milanese di Psicologia Giuridica, autore di Adolescenze estreme. I perché dei ragazzi che uccidono. A breve pubblicherà “10 lezioni sul male”, sempre sulla criminalità minorile.

Sono disponibili a portare la loro testimonianza agli studenti per l’anno scolastico 2023-2024 nel corso di incontri in videoconferenza con le classi:

Deborah Cartisano, figlia di Lollò Cartisano, fotografo di Bovalino, in Calabria, sequestrato nel 1993 ed ucciso dalla ‘ndrangheta perché si era rifiutato di pagare il pizzo. Dieci anni ci sono voluti per ritrovare il suo cadavere.

Dice Deborah: “Noi famigliari purtroppo a volte incontriamo l’altra parte soltanto nelle aule dei tribunali, e sono incontri a cui arriviamo impreparati, in cui arriviamo incattiviti da tutte e due le parti. Io penso che questo non sia giusto. Ho sempre desiderato che le persone che avevano ucciso mio padre avessero la possibilità di trasformare quello che era successo in un vero pentimento e in una trasformazione della loro vita“.

Silvia Giralucci, a cui nel 1974 a Padova, quando lei aveva tre anni, le Brigate Rosse hanno ucciso il padre. Di sé dice “Credo che se negli anni sono riuscita a diventare una vittima non rancorosa e non arrabbiata questo lo devo agli incontri che ho fatto in carcere, alla forma di mediazione indiretta che è stato per me frequentare i convegni e la redazione di Ristretti”.

Il suo primo libro, L’inferno sono gli altri, è un viaggio personale alla ricerca del padre nella memoria divisa degli anni Settanta. È autrice e co-regista del film, Sfiorando il muro.

Fiammetta Borsellino, figlia minore del magistrato Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia nella strage di via D’Amelio il 19 luglio 1992, quando persero la vita anche i cinque agenti della scorta. Gli attentati a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino hanno rappresentato il punto più alto dell’emergenza criminalità nel nostro Paese. Dice Fiammetta che “nella lotta alla mafia non mi piacciono le passerelle, e diffido degli slogan. Piuttosto, ci vogliono gesti concreti. Li aspettiamo ancora. Qualsiasi impegno nei confronti della lotta alla criminalità organizzata può essere efficace solo se svolto con la massima sobrietà. Nei gesti e nelle parole”.

Giorgio Bazzega, figlio del maresciallo Sergio Bazzega, ucciso nel 1976 in un conflitto a fuoco con un giovanissimo brigatista negli anni tragici della lotta armata in Italia, quando lui di anni ne aveva poco più di due.

“La vittima, in generale, sente di avere il monopolio del dolore”: sono parole di Giorgio Bazzega, che ha per anni convissuto con la rabbia, il rancore, la droga usata come “anestetico”, ma poi ha incontrato sulla sua strada esperienze importanti che lo hanno portato a fare la conoscenza con una idea diversa della giustizia, quella che al male sceglie di non rispondere con altro male.

Benedetta Tobagi, giornalista e scrittrice, vincitrice del premio Campiello con “La resistenza delle donne”. Benedetta è figlia di Walter Tobagi, il giornalista del Corriere della Sera assassinato dai terroristi il 28 maggio 1980 a Milano. “Quando ho incontrato i detenuti del carcere di Padova l’ho fatto con l’idea di fare qualcosa di utile. Quando un tuo familiare viene ucciso è come se qualcosa dentro te muoia per sempre ed è strano, ma quello che ti viene da fare è qualcosa di positivo. E così ho pensato che se quell’incontro poteva aiutare qualcuno era giusto che lo facessi”, ha detto agli studenti Benedetta.

Claudia Francardi e Irene Sisi: nel 2011, una pattuglia di carabinieri ha fermato alcuni ragazzi che stavano andando a un rave party. Mentre gli controllavano i documenti, uno di loro, Matteo, ha preso un bastone, ha colpito i due carabinieri ed è scappato. Il marito di Claudia è morto dopo un anno di coma. Nel frattempo Matteo è stato arrestato, processato e condannato.

Un giorno Irene, la mamma di Matteo, ha scritto una lettera a Claudia, e da lì è nato un percorso che

Irene e Claudia stanno facendo insieme dopo aver dato vita a un’associazione di volontariato.

Lucia Annibali: è una avvocata di Pesaro, sfigurata dall’acido che le è stato tirato in faccia il 16 aprile 2013. Per quel terribile atto sono stati condannati i due esecutori del gesto, e un terzo, ritenuto il mandante, che con Lucia aveva avuto una tormentata relazione. È autrice con Giusi Fasano del libro “Io ci sono. La mia storia di «non» amore”, in cui ripercorre la sua vicenda, fino all’aggressione finale, e poi i mesi bui e dolorosissimi, segnati anche dal rischio di rimanere cieca.

Federica Brunelli e Carlo Riccardi, mediatori penali, parleranno di giustizia che ripara e mediazione dei conflitti Federica Brunelli, avvocata, lavora dal 1995 come mediatrice penale esperta in programmi di giustizia riparativa. Carlo Riccardi: laureato in giurisprudenza, specializzato in Criminologia clinica, ha collaborato in qualità di mediatore e formatore con vari organismi pubblici e privati, fra cui l’Ufficio per la mediazione penale del Comune di Milano, in progetti di mediazione reo–vittima, mediazione sociale e scolastica.

Francesca R., figlia di un detenuto, Tommaso, ex esponente della ’ndrangheta, che è in carcere a Padova, partecipa al progetto scuole/carcere e ha preso nettamente le distanze dalla criminalità organizzata. Francesca racconta la sua esperienza dei colloqui in carcere, in particolare nel regime di 41 bis con il vetro divisorio, e poi le difficoltà di inserirsi in una società, sempre pronta a giudicare e a far pagare ai famigliari le responsabilità del loro caro detenuto.

Suela M.: figlia di un detenuto che ha finito di scontare una lunghissima pena, racconta le fatiche e le paure di una bambina albanese emigrata in Italia e costretta a vivere per anni la difficoltà di andare a trovare un padre detenuto e doversi anche sentire “colpevole” di questa condizione di “figlia di…”.

Per informazioni: ornif@iol.it

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